Logo Oca Galleria dell'Oca - Arte contemporanea
StoriaInformazioniArtistiMostrePubblicazioni
Versione stampabile
Nunzio Siskur
Dal 1 marzo al 30 aprile 2003

Il nuovo spazio di via della Mercede inaugura con una mostra di Nunzio dal titolo Siskur. E' dal 1991 che Roma non ospita una personale dell'artista, l'ultima (Confini) era stata allestita proprio alla Galleria dell'Oca. Siskur è un nome enigmatico come il viaggio che racconta, che può essere "un viaggio verso l'ignoto come un viaggio esistenziale", dice Nunzio, in ogni caso verso una meta non stabilita, senza un approdo certo, "con dei compagni occasionali che qualche volta ci sono e qualche volta no e le opere, oltre a essere questi stessi compagni, sono anche le scoperte, o gli scogli". Quattro opere e un disegno, e ciascuna racconta un momento del viaggio. Tutto è stabilito da un tempo, e questo tempo viene scandito da cambiamenti spaziali: c'è un lavoro orizzontale, ce n'è uno frontale, uno sospeso e uno verticale. Subito appare qualcosa di aereo, qualcosa di leggero e insieme ingombrante. Forse un relitto o una nave mezza nascosta dalle onde oppure lo scheletro di una balena o, se si vuole osare ancora di più, una svolta enorme, vista dal basso. Certo una grande curva che unisce le pareti, composta di ventun aste di legno di sei metri che si piegano nell'aria. Un po' ricorda i Passaggi (del '94 e del '95) esposti nel '97 all'American Accademy di Roma, quei vascelli fantasma di Poe impressi nell'immaginario di Nunzio, ma anche, in forma nuova e da un altro punto di vista, lo scafo di un precedente viaggio (Oceano, 1987). Ma non troppo, perché l'opera potrebbe essere anche una volta al contrario, un'architettura vista chi sa dove e rielaborata al ritorno. La seconda opera, che in parte ricorda, trasformata, Odissea (1986), è composta da una pedana di sessantasette rettangoli di mogano coperti di bianco su cui sono posati tre elementi di legno nero, due orizzontali e uno verticale. La combustione su legno e il rapporto fra elementi apparentemente inconciliabili fra loro come il fuoco e il legno è una costante nell'opera di Nunzio. Il bianco invece è più raro, e l'idea nasce dallo spazio per cui l'opera è stata pensata, le stanze di via della Mercede. E' uno scatto di positività, una pausa dal nero delle combustioni, certamente più buio e drammatico, che però resta negli elementi e serve ad accentuare il contrasto. "Il bianco è un dato di positività, è un modo di guardare alla vita, è un po' come vederla più chiaramente, all'improvviso", racconta Nunzio.
Il terzo lavoro utilizza un'altra dimensione, quella frontale. E' un'opera parietale, e più narrativa. Cinque pannelli neri, a cui sono appoggiate delle forme astratte: i personaggi. Nella sua essenzialità evoca il movimento lento delle processioni nei bassorilievi classici e quella sacralità. Un po' nascosto, in una curva a spirale, all'interno di una sola forma, s'intravede una colata di blu. La quarta opera invece sfrutta la verticalità. È una torre composta da tre cilindri aperti, sovrapposti e sfasati. Un faro, forse. Sicuramente un approdo, ma non rivelato, perché il viaggio deve restare misterioso, deve essere raccontato ma non troppo.


Opere

Prima sala, Senza titolo, 2003, combustione su legno, cm 430 x 610
Seconda sala, Senza titolo, 2003, legno dipinto e combustione su legno, cm 170 x 300
Terza sala, Senza titolo, 2003, pigmento e combustione su legno, cm 200 x 405
Quarta sala, Senza titolo, 2003, combustione su legno, cm 275 x 50
Quarta sala, Senza titolo, pastello su carta, cm 95 x 187l

Torna in alto