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comunicato mostra in corso
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Inaugurazione della Galleria dell'Oca

via del Vantaggio 45a/46, 00186 Roma - 06 3612940

Data:
giovedi 23 novembre 2006

La Galleria dell’Oca risorge negli antichi e storici spazi de La Nuova Pesa di Alvaro Marchini diretta da Antonello Trombadori, una galleria che fu, per noi figli del dopoguerra, un luogo di grande meraviglia, contigua all’Accademia di Belle Arti e alla litografia Bulla, raro esempio di ‘archeologia artigianale’. A La Nuova Pesa vedemmo negli anni Cinquanta e Sessanta Picasso, Léger, Braque, Gris, artisti che conoscevamo solo nei pochi libri illustrati che giravano nelle nostre case. Lo spazio era stato per molti anni degradato e avvilito e nessuno ricordava più i suoi nobili natali. Risentiva della miseria architettonica degli anni Cinquanta e il tempo non aveva certo migliorato uno spazio logorato dall’abbandono, quindi la ristrutturazione è stata una scommessa che speriamo vincente. Il progetto è stato ideato da Tato Dierna, e curato nella sua esecuzione da Gerardo Scorrano. Gli ambienti sono, per quanto possibile, minimalisti, arredati con pochi mobili di Jean Nouvel e illuminati dalle lampade Guzzini predisposte da Corrado Terzi. Le tre grandi vetrine che si affacciano su strada e che tentano di rendere più ampio lo spazio, sono le stesse che nei primi anni Sessanta vedevo quattro volte al giorno, incantandomi, mentre andavo a lavorare all’Attico a Piazza di Spagna. L’insegna sarà quella disegnata per me da Matta nel 1980.
Lo scorso anno la Galleria dell’Oca aveva festeggiato quarant’anni di attività nella sede di via della Mercede divenuta negli ultimi anni esclusivamente un luogo espositivo e di incontri. Ora nella nuova sede si affaccerà nuovamente al mercato e, dopo anni di esposizioni e dibattiti sull'arte contemporanea, riaprirà l'attività commerciale interrotta nel 1997 negli storici locali di via dell'Oca.
La nuova Galleria sarà inaugurata da Jannis Kounellis. La mostra sarà costituita da una retrospettiva di suoi lavori, diciotto ‘iron cases’, in edizioni di venticinque copie, con varianti, realizzate dall’artista nel laboratorio litografico di Romolo e Rosalba Bulla. La prima scatola è stata eseguita all’inizio degli anni Settanta e l’ultima, la più grande finora realizzata (106x73 cm), la prima di soggetto femminile che è stata immaginata in esclusiva per noi. Kounellis lavorando da sempre sul recupero poetico del mito, sull'uso degli elementi primari come il fuoco e dei linguaggi originari, come la danza e la musica, ora affronta l'altro da sé, il femminile.
Negli spazi di via della Mercede l'esposizione proseguirà con una selezione di carte e la grande installazione Senza titolo, 1991, realizzata in occasione della mostra Metafore, Kounellis e Paolini a confronto, curata in quell’anno da Giuliano Briganti per la Galleria dell’Oca.


JANNIS KOUNELLIS   Retrospettiva di cases

Sede della mostra: Via del Vantaggio, 45a/46 - 00186 Roma - Tel. 06 3612940

Durata della mostra: dal 23 Novembre 2006

Orari: da Martedì a Sabato 11.00-13.30, 14.30-20.00

Comunicato Stampa di Caterina Bonvicini

La mostra
Il 23 novembre la nuova Galleria dell’Oca inaugura con una mostra di Jannis Kounellis. Una retrospettiva particolare in cui il lavoro dell’artista, dal 1970 al 2006, viene raccontato attraverso diciannove iron cases, scatole in ferro edite in venticinque copie. Multipli che in realtà sono pezzi unici: le venticinque scatole infatti sono una diversa dall’altra, perchè nel lavoro di Kounellis non c’è mai ripetizione, ogni cosa è vissuta di volta in volta, come esperienza unica.
La scatola in ferro è una quinta teatrale, una cavità da riempire per dare corpo al discorso, l’equivalente di una bocca o di una porta. E tutte insieme, le diciannove scatole, possono essere considerate un percorso trasversale all’interno dell’opera dell’artista.
C’è la storia, intesa come «un modo di reinventare la vita e le cose in senso armonioso» (così scrive Kounellis), il senso del dramma, la rivoluzione, la politica. Quindi il Marat di David accostato a una farfalla, il volto di Stalin ricostruito su una fila di coltelli, un’ascia con i colori della bandiera italiana.
C’è il carbone, usato da Kounellis come «un metro morale e estetico», sistemato contro un dripping pieno di libertà, alla maniera di Pollock, e unito al filo di ferro. Oppure il fumo, che insieme al fuoco, è un elemento mitico nell’immaginario dell’artista.
Ci sono oggetti quotidiani strappati dal loro contesto attraverso una contraddizione e portati a un assoluto: chicchi di caffè sulla carta o forbici che aumentano di drammaticità accostate a una lastra di vetro rossa. Oppure quei simboli, tanto presenti nel lavoro di Kounellis, che evocano la rivoluzione industriale. Una macchina da cucire sistemata in diagonale accanto a una giacca. Il famoso trenino degli anni Trenta, comparso a Chicago intorno a una colonna, questa volta posizionato sulla lama di un coltello (cinque trenini su cinque coltelli in una vertiginosa successione).
Ci sono rimandi ai lavori degli anni Sessanta (una foto dei cavalli esposti alla Galleria dell’Attico nel ’69, leggermente coperta da un sacco di iuta pieno di carbone), e opere nuovissime, del 2006, come la scatola che contiene quattro scarpe da uomo riempite di vetro colorato o quella, pensata per la Galleria dell’Oca, in cui compaiono una sottoveste e un paio di calze velate, appoggiate su una lastra di ferro coperta da una litografia, l’intimo femminile dentro la pittura.

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